
In questi giorni si è parlato di una possibile chiusura del cinema Metropolitan a Napoli. Si vocifera che l’alternativa sarebbe un bingo. Faccio fatica a credere che si possa aprire un bingo così grande in quegli spazi e mi interrogo anche se i bingo siano veramente così frequentati: pare soprattutto dai giovani.
Il discorso sulla chiusura di questo cinema diventa molto complesso e secondo me rischia di travalicare l’ambito cittadino verso un discorso generico sui consumi culturali. Come ed a chi possiamo chiedere di tenere un cinema aperto se le sale si stanno svuotando? Quanti di noi stanno andando al cinema ultimamente? Sicuramente la pandemia ha inciso notevolmente, ma, la verità, è che le piattaforme digitali stanno portando cambiamenti enormi nella distribuzione dei film e le sale purtroppo stanno subendo questo cambiamento.
PRIMO discorso quindi: cambiano i modelli distributivi.
SECONDO discorso: la qualità. Vale la pena andare al cinema a vedere l’ennesima commedia italiana? Il cinema riesce ancora a trasmetterci grandi emozioni rispetto alla tv? Certamente, se penso a film come la Dolce Vita, Lawrence d’Arabia, 2001 Odissea nello Spazio, C’era una volta il West e tanti altri capolavori, credo che la scelta tra cinema e tv, sia scontata. Il cinema ha un fascino innegabile. Quanti bei film stanno uscendo però ultimamente rispetto al passato? I film Marvel e dei supereroi, che pure incassano mostruosamente, sono qualitativamente adeguati per essere visti ancora dopo decenni, come i passati capolavori del cinema? A me annoiano alla seconda visione, spesso già alla prima.
TERZO discorso: c’è un problema culturale. Che tanti giovani oggi preferiscano andare a giocare al bingo, piuttosto che al cinema, mi fa pensare che genitori ed educatori non hanno svolto pienamente il loro ruolo nella formazione culturale dei giovani.
QUARTO discorso: il mercato. Il cinema ha avuto il suo apice, questi sono forse gli anni del declino. Può una Pubblica Amministrazione andare contro il mercato e lavorare perché i cinema non chiudano? Ho dei dubbi che questo possa avvenire in un paese moderno e democratico, se non in una misura marginale. Ricordo che anni fa gridavamo allo scandalo perché le librerie chiudevano e nessuno le salvaguardava. Poi gridavamo allo scandalo perché apriva Feltrinelli, il megastore dei libri. Oggi lo scandalo è la chiusura (momentanea?) di Feltrinelli. Il problema forse non era che le librerie chiudevano, ma l’inadeguatezza di quei modelli di vendita. Gli italiani sicuramente (lo dice l’ISTAT in maniera drammatica) leggono di meno, ma credo che la chiusura delle librerie sia un sintomo, non la causa. Stesso discorso è per i film: non credo che con la chiusura dei cinema guarderemo meno film (magari più serie), ma semplicemente lo faremo in altre modalità.
Combattere per tenere aperte delle sale che sono quasi vuote, ha senso? Anche se noi stessi siamo i primi a non andarci? Forse dovremmo accettare il fatto che negli anni le città cambiano e con loro gli esercizi commerciali. Pensiamo a via Morelli negli ultimi decenni, ma anche a via Cavallerizza molto tempo prima.
A mio avviso quindi più che combattere per tenere aperti dei luoghi, dobbiamo combattere per la cultura in generale.
Solo così riusciremo a tenere aperti i cinema, le sale concerto, le biblioteche, i musei ed i luoghi della cultura.
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